Negli ultimi decenni abbiamo assistito ad un crescente sviluppo di un mercato della medicina e della salute. Il fine, biopolitico, di tutelare e promuovere la salute della popolazione, si è progressivamente spostato su un mercato dove gli individui stessi si prendono cura di sé acquistando prodotti e servizi per garantire il loro stesso benessere e una buona condizione fisica. Termini come bioeconomia e biocapitalismo sono stati introdotti per spiegare la crescente commercializzazione della biomedicina e delle industrie del fitness e del wellness. Questo mercato di servizi biomedici convive con il persistere dei tradizionali sistemi statali di welfare e della sanità pubblica.
Il caso della conservazione del cordone ombelicale – ricca fonte di cellule staminali impiegate nella cura di patologie ematologiche – è da questo punto di vista paradigmatico. Infatti, raccolto alla nascita, il sangue cordonale può essere donato a biobanche pubbliche che gestiscono la distribuzione per necessità terapeutiche, oppure conservato a pagamento presso banche private, nell’ipotesi di un futuro utilizzo personale o famigliare. La contrapposizione tra bancaggio pubblico e privato è al centro di un annoso dibattito tra bioeticisti e medici. Nella letteratura biomedica e bioetica questo dibattito è affrontato attraverso una “narrazione dell’opposizione” che rappresenta il bancaggio pubblico come un’economia redistributiva basata su principi di solidarietà e che produce coesione sociale, mentre il bancaggio privato è visto come un’economia di mercato guidata dalla ricerca del profitto e fondata sull’interesse individuale. Ma le cose stanno proprio così?
Christine Hauskeller e Lorenzo Beltrame (Università di Exeter) hanno messo in dubbio la validità di questa narrazione come spiegazione delle economie del sangue cordonale. Analizzando le pratiche coinvolte nel bancaggio e nella circolazione di questo tessuto umano, le tecnologie impiegate e le piattaforme biomediche e organizzative su cui poggia il funzionamento della conservazione e circolazione del sangue cordonale, hanno dimostrato come la separazione tra i due settori (pubblico e privato) e la distinzione tra regimi economici (economia redistributiva e di mercato) risulti molto meno netta di come rappresentata nella narrazione dell’opposizione. La conservazione, la circolazione e l’utilizzo del sangue cordonale avviene sempre più tramite pratiche ibride e zone di intersezione, dove redistribuzione ed economia di mercato coesistono, si sovrappongono e spesso si intrecciano in configurazioni ibride. Lo studio delle economie del sangue cordonale – e per estensione della bioeconomia contemporanea – dovrebbe quindi prendere le distanze da queste narrative dell’opposizione e da rigide categorie economiche; concentrandosi invece sull’analisi delle configurazioni concrete e locali degli elementi (sociali, economici, tecnologici e materiali) che costituiscono le piattaforme organizzative del funzionamento della moderna biomedicina, al fine di comprenderne le più vaste implicazioni sociali e culturali.
L’articolo, pubblicato su BioSocieties in modalità Open Access, è consultabile e scaricabile gratuitamente a questo indirizzo.