ROSE (Relevance Of Science Education) è uno studio comparativo internazionale che analizza gli atteggiamenti verso la scienza e la tecnologia dei ragazzi di 15 anni che frequentano la scuola superiore.
Il suo avvio si deve a Svein Sjøberg e Camilla Schreiner dell’Università di Oslo che, nel 2000, lanciarono l’idea e trovarono sostegno presso il Research Council norvegese; oggi 40 Paesi aderiscono al network di istituzioni scientifiche e studiosi che realizzano l’indagine ROSE.
Si tratta di una risorsa conoscitiva utile non solo per mettere a confronto la situazione dei vari Paesi, ma anche per migliorare la didattica delle materie scientifiche e per incentivare la scelta di corsi universitari di orientamento scientifico.
Observa Science in Society ha condotto l’indagine in Italia, in collaborazione con 40 istituti scolastici distribuiti sull’intero territorio nazionale. Grazie alla loro disponibilità è stato possibile far compilare l’apposito questionario da parte di un campione rappresentativo degli studenti del secondo anno delle scuole superiori.
I risultati, ora pubblicati nel volume “Scienza e nuove generazioni”, tratteggiano un quadro all’interno del quale si combinano elementi positivi e negativi.
Da un lato, gli studenti italiani esprimono un elevato livello d’interesse e di fiducia nei confronti della scienza, talvolta superiore a quello rilevato in altri Paesi. In generale, infatti, i giovani italiani si caratterizzano per un interesse medio-alto verso gli argomenti scientifici. Per la maggior parte, soprattutto per i ragazzi, i temi più affascinanti hanno risvolti applicativi, sebbene non manchi una certa attenzione per le dimensioni vicine alla ricerca di base, che invece incuriosiscono di più le ragazze indipendentemente dalle possibili applicazioni.
Al forte interesse per gli argomenti scientifici corrisponde un’elevata fiducia nella scienza, rivolta soprattutto quando può contribuire a migliorare la vita quotidiana. In particolare, la maggioranza degli studenti italiani ritiene che la scienza troverà rimedio per le gravi malattie oggi incurabili e aprirà grandi opportunità lavorative per le prossime generazioni. Non sorprende, pertanto, che ben quattro studenti su cinque la considerino fondamentale per la società.
Dall’altro lato, questa visione ottimistica complessiva si stempera quando la scienza si unisce all’impegno scolastico. Nonostante i giovani italiani riconoscano di buon grado la rilevanza delle discipline scientifiche a scuola e ammettano che esse stimolano la loro curiosità, ritengono tuttavia che studiarle sia difficile e poco attraente, specialmente in funzione di un futuro lavoro.
È probabile che la scarsa tendenza a intraprendere una carriera scientifica dipenda, almeno in parte, da una correlazione tra la diffusa rappresentazione del lavoro dello scienziato e le aspirazioni professionali delle nuove generazioni. La prima, infatti, pur valorizzando i talenti personali, non lascerebbe margini per interessi extra-professionali; perciò non si concilierebbe con le seconde, che mirano sì all’esaltazione delle proprie qualità, ma in un progetto di vita dove la carriera lavorativa non abbia il monopolio.
Altrettanto in ombra appare la figura dello scienziato. Benché gli studenti manifestino fiducia nei benefici della ricerca, non si può dire che facciano lo stesso per chi opera nella scienza. Rispetto al passato recente, infatti, è aumentato il livello di scetticismo: oggi solo uno studente su due è disposto a riconoscere una completa indipendenza e obiettività agli scienziati.
Il volume “Scienza e nuove generazioni”, a cura di F. Neresini, S. Crovato, B. Saracino, edizioni Observa Science in Society, Vicenza, 2010, pp.188 è disponibile per i soci di Observa.
Stefano Corsi, laureato in Filosofia all’Università di Padova, collabora con il centro di ricerca Observa Science in Society e si occupa di comunicazione delle scienze.