All’anagrafe è Barbara Millicent Roberts. Classe 1959, maggiore di sette fratelli: Skipper, Tutti, Todd, Stacie, Shelly e Krissy Roberts. Giovane e affascinante biondina, è da sempre fidanzata con Ken Carson (anche lui bellissimo), che ha conosciuto nel 1961 su un set televisivo. Mai sposati, hanno interrotto la loro relazione nel 2004, dopo più di quarant’anni. Barbie è stata single per un periodo, se si esclude un breve flirt con un surfista, tale Blaine, per poi tornare fra le braccia dello storico fidanzato.
Sì, stiamo parlando della bambola giocattolo più amata di sempre: Barbie.
Ma può una pupa di plastica spiegarci qualcosa sul rapporto fra scienza e società? Quello che siamo abituati a considerare nient’altro che un balocco per bambini, nasconde storie e curiosità che forse trascuriamo…
Marte, incontro con Barbie
Una nuova bambola astronauta, Barbie Mars Explorer, è stata presentata lo scorso 5 agosto, in tempo per il primo anniversario dello sbarco su Marte di Curiosity, il rover Nasa alla scoperta del pianeta rosso.
La Mattel si è consultata con il team che sovrintende alle attività extraveicolari dell’agenzia spaziale statunitense per garantire alla bambola più celebre il giusto look da cosmonauta. Barbie è stata perciò equipaggiata di serbatoi di ossigeno, casco, stivali e tuta spaziale. Tutto rigorosamente in rosa! Persino il rover Curiosity fa capolino dalla confezione. Sul retro: tanta scienza spaziale e l’invito a visitare il sito Women@NASA per maggiori informazioni.
Nella sua vita Barbie ha intrapreso più di 130 carriere differenti. E non è certo la prima volta che finisce nello spazio. La bionda di plastica ha indossato il primo scafandro nel lontano 1965, quattro anni prima di Armstrong sulla Luna e diciott’anni in anticipo su Sally Ride, la prima donna americana a volare nello spazio. Ma Barbie è stata astronauta anche nel 1985, e nel 1998 è andata allo Space Camp.
“Da sempre avanguardista, Barbie continua ad assumere ruoli simbolici e funge da modello e agente di cambiamento per le ragazze”, ha dichiarato la Mattel. “Il marchio ha lanciato una serie di bambole concentrandosi su professioni scarsamente rappresentate dalle donne, in particolare quelle note con l’acronimo di STEM (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica)”.
È solo marketing? E perché un’agenzia spaziale si rivolge ai più grandi giocattolai del mondo per cementare il dialogo fra scienziati, bambini e genitori? Forse ha imparato a non sottovalutare la potenza dei balocchi.
Quando nel 2008 Buzz Lightyear – space ranger giocattolo e celebre protagonista (insieme a Woody, un cowboy giocattolo) del film di animazione Toy Story. Il mondo dei giocattoli, Disney Pixar – è stato imbarcato su uno shuttle e per quasi un anno e mezzo ha volato a gravità zero sull’orbita terrestre come astronauta di stanza sulla Stazione Spaziale Internazionale, la Nasa ha catturato l’attenzione di migliaia di americani. Con il lancio di Barbie Geek and Chic nel 2010, la Mattel ha avviato un’importante collaborazione con l’associazione americana che rappresenta le donne laureate in ingegneria. Gli esempi non mancano, insomma.
La rivincita di Ken
A volte, però, la storia si ribalta. E succede che i cittadini si lamentino col giocattolaio che bistratta la scienza. Succede nelle questioni etiche, scientifiche e ambientali, dove il ruolo della società è rilevantissimo, anche quando si parla di semplici giocattoli.
È il giugno 2011 quando, nel bel mezzo di un’intervista, Ken Carson – dolce metà della bambola più famosa del mondo – viene messo a parte di un terribile segreto: Barbie sta partecipando alla distruzione della foresta pluviale indonesiana. Il video-shock, girato con sofisticate tecniche di animazione, è diffuso da Greenpeace a seguito del coinvolgimento della Mattel nell’acquisto di prodotti dalla Asia Pulp and Paper, una società che si è scoperto operare senza rispetto dei criteri stabiliti dall’ormai onnipresente Forest Stewardship Council (il marchio delle foreste certificate).
Le indagini di Greenpeace, la mappatura dei dati e i certificati della società dimostrano che il packaging dei giocattoli di mezzo mondo – ci sono di mezzo anche Disney, Hasbro e Lego – sono ricavati da foreste pluviali. Nel giro di pochi giorni il video-shock diventa uno dei più cliccati su YouTube e tradotto il venti lingue diverse, inclusi l’italiano, il cinese e l’arabo. I quindici piani della facciate della sede Mattel di El Segundo, California, vengono coperti dagli attivisti con una gigantografia del bambolo Ken. Con la faccia imbronciata dichiara: Barbie, è finita, non esco con le ragazze coinvolte nella deforestazione.
Migliaia di normali cittadini, da tutto il mondo, cominciano a sommergere di e-mail la Mattel. La pagina Facebook di Barbie viene chiusa temporaneamente per l’invasione di messaggi in bacheca. Lo scandalo fa il giro del mondo, mentre Barbie e Ken fanno prove di pace su Twitter. Ma la Mattel non prende una posizione ufficiale sulla questione indonesiana.
La Lego è la prima a correre ai ripari: rivede le regole dei fornitori, riduce drasticamente la quantità di imballaggi utilizzati, verifica che la carta provenga interamente da foreste certificate e incrementa il riciclo dei materiali. Nell’ottobre 2011 anche la Mattel annuncia una strategia globale per l’approvvigionamento di carta nel rispetto delle foreste pluviali. L’epilogo di un’azione ambientalista assolutamente non convenzionale.