In questi giorni si è riacceso il dibattito politico sulle strategie che l’Italia dovrà adottare con urgenza per gestire la questione energetica e in particolare su un possibile ritorno al nucleare. I dati dell’Osservatorio Scienza e Società di Observa mettono in luce gli orientamenti dell’opinione pubblica italiana verso gli investimenti in energia nucleare e le priorità della ricerca.
Italiani sempre più divisi sull’energia nucleare: i favorevoli all’energia nucleare (36,6%) hanno ormai praticamente raggiunto la stessa percentuale di quelli contrari (38,3%).
A vent’anni dal referendum che sancì per l’Italia l’abbandono di questa modalità di produzione di energia, oltre un italiano su tre si dichiara favorevole agli investimenti in energia nucleare, mentre restano contrari meno di quattro italiani su dieci. Uno su quattro ritiene di non essere in grado di esprimersi sulla questione.
Si tratta di un’inversione di tendenza abbastanza recente: fino a cinque anni fa oltre il 56% degli italiani era ancora nettamente contrario, mentre i favorevoli erano poco più del 20%. E’ plausibile pensare che nel cambiamento degli orientamenti pesi soprattutto la percezione della congiuntura economico-politica e del rischio di esaurimento delle attuali fonti energetiche.
Tra le motivazioni a sostegno di un ritorno al nucleare, infatti, la principale risulta essere la necessità di ridurre la dipendenza dai Paesi produttori di petrolio (passata dal 22,0% dei sostenitori del 2003 al 37,6% del 2007). Tuttavia, negli ultimi due anni, sono significativamente aumentati anche coloro che vorrebbero ricorrere al nucleare per far fronte all’insufficienza delle fonti energetiche (dal 26% del 2005 al 35% del 2007).
Rimangono motivazioni secondarie l’utilizzo delle centrali nucleari da parte degli altri Paesi industrializzati o il fatto che anche le centrali termoelettriche inquinino. Vale la pena di notare, inoltre, che l’apertura al nucleare risulta maggiormente diffusa tra gli uomini (il 49,8% è favorevole, rispetto al 25% delle donne, che si dimostrano per lo più molto incerte sulla posizione da assumere) e tra le persone con un’istruzione elevata, di cui oltre il 47% si dice disponibile agli investimenti in energia nucleare.
I contrari, tra i quali spiccano i trentenni-quarantenni, continuano a sostenere che sia meglio sviluppare le fonti alternative di energia (43% nel 2003 e 45% nel 2007) e sono sempre più propensi a pensare che nessun comune vorrebbe una centrale nucleare nel proprio territorio. Inoltre, riprendono ad attribuire importanza alla problematica dello smaltimento delle scorie (indicata nel 2003 dal 32% dei contrari, nel 2005 dal 17%, nel 2007 dal 24,4%). Diminuiscono, invece, i dubbi sulla sicurezza delle centrali (dal 20% del 2003 al 10% del 2007), mentre rimane trascurabile la quota di quanti respingono l’opzione nucleare negando che vi sia per l’Italia un problema di approvvigionamento energetico (2,5%).
Tra gli incerti, la stragrande maggioranza sostiene di non avere la competenza per decidere (76,7% dei dubbiosi lo pensa nel 2007), mentre il 23% è convinto che i pro e i contro si equivalgano.
Nel complesso dunque, gli italiani appaiono sempre più divisi sull’opportunità di riprendere in considerazione gli investimenti in energia nucleare. I timori sulla sicurezza degli impianti, su cui avevano fortemente inciso tragici incidenti come quello di Cernobyl, hanno oggi, in parte, lasciato il passo alle preoccupazioni per i problemi energetici. Non è un caso che anche i contrari riconoscano un grave problema di approvvigionamento di energia.
D’altra parte, alla richiesta di segnalare il settore di ricerca che meriterebbe la priorità negli investimenti pubblici, gli italiani indicano le aree legate all’ambiente: la ricerca sulle energie rinnovabili catalizza da sola il 45% delle risposte, seguita dagli studi sui mutamenti climatici (16,4%).
Nonostante il riaprirsi del dibattito pubblico sulla questione nucleare, solo il 6,5% degli italiani darebbe precedenza a questo settore in termini di investimenti di ricerca: un dato che lo pone al quarto posto nella lista, dopo le biotecnologie e accanto all’area delle neuroscienze. Chiudono l’elenco le telecomunicazioni, i prodotti chimici, le nanotecnologie e da ultimo, la ricerca spaziale su cui investirebbe in prima istanza soltanto l’1% degli italiani.
Dunque, la crescente disponibilità a ridiscutere dell’opportunità di un ritorno al nucleare in realtà è controbilanciata dalla limitata rilevanza che gli italiani attribuiscono al settore nel momento di scegliere le priorità di investimento pubblico.
I risultati completi dell’indagine – e le relative note metodologiche – sono disponibili in pdf
L’Osservatorio Scienza e Società è un’iniziativa di Observa Science in Society, realizzata con il sostegno della Compagnia di San Paolo. La supervisione scientifica è di Massimiano Bucchi (Università di Trento), Federico Neresini e Giuseppe Pellegrini (Università di Padova), in collaborazione con Valeria Arzenton.
La rilevazione è stata condotta tramite interviste telefoniche con metodo CATI su un campione di 988 casi, stratificato per genere, età e ripartizione geografica e rappresentativo della popolazione italiana di età superiore ai 15 anni.