di Massimiano Bucchi e Federico Neresini
I temi della ricerca sulle cellule staminali e della fecondazione assistita sono stati negli ultimi tempi, soprattutto in occasione dell’imminente referendum sulla procreazione assistita, diffusamente presenti sui media e nella discussione pubblica. I numerosi interventi di ricercatori, politici e commentatori hanno alimentato un intenso e appassionato dibattito – come del resto accade sempre più spesso allorché le interazioni fra ricerca scientifica, politica, medicina, religione ed economia si mostrano in tutta la loro complessità.
Tuttavia l’ampio spazio riservato a queste problematiche, tanto dai media quanto nei contesti istituzionali, sembra riconoscere scarsa rilevanza al punto di vista dei cittadini, vale a dire dei primi utilizzatori delle pratiche di fecondazione assistita e potenziali destinatari delle possibili applicazioni derivanti dalla ricerca sulle cellule staminali. Per questa ragione diventa interessante far emergere le tendenze e gli orientamenti dell’opinione pubblica italiana.
Quasi l’80% degli Italiani è favorevole all’utilizzo di cellule staminali di embrioni per la ricerca di nuove terapie mediche. Oltre un terzo lo è addirittura senza condizioni (35%), mentre il 44% lo vincola al fatto che si utilizzino embrioni altrimenti destinati ad essere distrutti. Il 21% è invece contrario in ogni caso. Il dato conferma e rafforza una tendenza già messa in luce da precedenti studi sugli orientamenti dell’opinione pubblica: decisamente scettici sulle prospettive delle biotecnologie agroalimentari, gli Italiani hanno un orientamento molto più favorevole verso le ricerche e le applicazioni biotecnologiche in campo medico. Più sorprendente è forse che la fede religiosa non pesi su questo giudizio in modo significativo: tra quanti si definiscono cattolici, la quota dei contrari all’uso di cellule staminali di embrioni è praticamente identica a quella del campione generale (22%). Sempre tra i cattolici, i favorevoli ‘senza condizioni’ superano addirittura, seppur di poco, la media del campione (36%).
Maggiormente articolato appare il rapporto con gli orientamenti politici. Tra gli elettori di entrambe le principali coalizioni l’apertura alla ricerca sulle cellule staminali di embrioni è netta: il 39% degli elettori di centrosinistra e il 37% di quelli di centrodestra si dichiara favorevole in ogni caso. Gli assolutamente contrari sono maggiormente presenti fra gli incerti (28%).
Anche nel caso della fecondazione assistita, il fronte dei favorevoli sopravanza abbondantemente quello dei contrari: il 70% dei soggetti interpellati è infatti del parere che il ricorso alla fecondazione assistita debba essere consentito alle coppie che non possono avere figli, mentre il 30% dichiara la propria opposizione. Tra i favorevoli è possibile distinguere tra chi riconosce legittimità alla fecondazione assistita ma non alla donazione di gameti (40%) – e quindi non ne consentirebbe l’utilizzo a coppie – e chi ritiene di non dover introdurre limitazioni di questo genere (30%).
Una questione molto dibattuta è quella della cosiddetta ‘diagnosi pre-impianto’, ovvero dell’opportunità di verificare sull’embrione la potenziale insorgenza di determinate patologie e di conseguenza di decidere se proseguire o meno la gravidanza. Ebbene, solo un Italiano su cinque si dichiara infine apertamente contrario alla possibilità di condurre accertamenti su eventuali malformazioni di embrioni per coppie che ricorrono alla fecondazione assistita; il rimanente 80% si divide fra coloro i quali, pur ammettendo tali accertamenti, richiederebbero poi alla coppia di iniziare comunque la gravidanza (10%) e chi, invece, la lascerebbe libera di decidere se proseguire oppure no in funzione del risultato degli accertamenti (70%).
Emerge insomma un chiaro orientamento a lasciare alla coscienza dei futuri possibili genitori il compito di valutare l’opportunità sia di verificare o meno lo stato di salute degli embrioni prima dell’impianto, sia di dare corso alla gravidanza sulla base degli esiti di tale verifica.
L’età e il titolo di studio agiscono come fattori discriminanti nei giudizi, dal momento che un basso livello di scolarità e un’età superiore ai 65 anni favorisce un atteggiamento contrarioalla fecondazione assistita e agli accertamenti sugli embrioni; di converso, un titolo di studio elevato e un’età inferiore ai 50 anni tendono invece a identificare un’apertura verso la fecondazione artificiale (compresa l’eventuale donazione) e alla diagnosi reimpianto senza obbligo di prosecuzione della gravidanza.
Chiaro inoltre il nesso con la collocazione politica: chi si colloca nell’area centro-sinistra tende ad assumere atteggiamenti più permissivi (i favorevoli alla fecondazione assistita compresa donazione raggiungono il 36% e quelli agli accertamenti sugli embrioni senza obbligo di prosecuzione della gravidanza arrivano al 79%), mentre chi si colloca a centro-destra e gli incerti esprimono orientamenti più restrittivi (rispettivamente 34% e 39% di contrari nel caso della fecondazione assistita, 22% e 25% per la diagnosi pre-impianto). L’orientamento religioso fa invece sentire il suo peso solo in parte.
Infatti, mentre è chiaro che coloro i quali si dichiarano non credenti sono più propensi alla fecondazione assistita e agli accertamenti sugli embrioni, riconoscersi nella religione cattolica non porta necessariamente ad assumere atteggiamenti più contrari rispetto alla media.
La rilevazione sugli orientamenti degli Italiani nei confronti delle cellule staminali e della fecondazione assistita costituisce il primo appuntamento con l’Osservatorio Scienza e Società di TuttoScienze – Observa Science in Society.