Bocciature fuori stagione
LE SCIENZE 388/dicembre 2000
Perché i vegetali transgenici sono pericolosi? Perché possono alterare i geni di chi li mangia. E qual è invece la differenza tra un pomodoro normale e un pomodoro biotech? Il pomodoro biotech ha i geni, quello normale no.
Secondo l’indagine «Biotecnologie ed opinione pubblica in Italia», effettuata dall’istituto Poster tra maggio e giugno scorsi e diffusa alla fine di ottobre, un’ampia percentuale di italiani è fermamente convinta della verità delle due affermazioni succitate. Per la precisione, il 29,9 per cento del campione intervistato da Poster pensa che i pomodori naturali non contengano geni e il 28,8 ritiene che ingerire cibi geneticamente manipolati provochi mutazioni nel DNA. La medesima indagine ci informa inoltre che nel corso del tempo il livello delle conoscenze è peggiorato: rispetto a un’inchiesta del 1996, tanto la prima quanto la seconda affermazione hanno raccolto un dieci per cento di consensi in più. E questo sebbene, a confronto con quattro anni prima, l’argomento abbia avuto più spazio nei media e sia risultato familiare a molte più persone.
Da queste informazioni si può quindi tranquillamente concludere che, a dispetto di una maggiore visibilità dell’argomento, quasi un terzo della popolazione italiana adulta ignora che cosa siano i geni e basa le proprie opinioni in materia di biotecnologie su una visione completamente fallace.
È necessario aggiungere che l’indagine di Poster – che, tra l’altro, è stata svolta con la supervisione scientifica di Federico Neresini e Massimiano Bucchi – ha restituito un quadro molto più complesso del rapporto tra italiani e biotech, che secondo i ricercatori evidenzia un giudizio negativo, specialmente sui cibi geneticamente modificati, legato a resistenze culturali che hanno motivazioni più profonde delle scarse conoscenze. Tuttavia, in una rubrica dedicata ai problemi di comunicazione della scienza, a colpire di più è quella quota di persone che, pur disponendo di un’offerta informativa quantitativamente maggiore di prima, non solo continua a ignorare la realtà dei fatti, ma aumenta persino di numero. Una quota che è un problema di tutti, dei difensori delle biotecnologie quanto di coloro che le ritengono un pericolo, che certo non possono gioire di consensi ispirati dall’ignoranza anziché dal giudizio.
Ma perché prospera la disinformazione? Ci sono svariate risposte. La più ovvia – e anche quella che si sente più spesso – prevede che si stigmatizzino, in un ordine a scelta, lo stato della cultura scientifica in Italia, le lacune della didattica scolastica, l’insipienza dei media, nonché lo strapotere delle discipline umanistiche.
Tutte cose verissime, ma la cui elencazione forse non è più sufficiente a cambiare le cose. Una seconda riflessione possibile è che esistono conoscenze la cui complessità è tale che ci sarà sempre una percentuale di persone incapaci di afferrarle. E anche questo è probabilmente vero. Ma siamo certi che la struttura della cellula faccia parte di questi esoterici saperi? E che il 30 per cento degli italiani adulti debba esserne escluso per sempre? Se fosse cosi, ci sarebbe da preoccuparsi per le sorti del gioco democratico, oltre che per le ricerche di ingegneria genetica.
C’è infine un ulteriore ambito di riflessione, importante non perché sia più vero degli altri, ma perché è molto meno frequentato. E cioè che ci sia qualcosa da cambiare anche nel modo in cui facciamo informazione scientifica, nel modo in cui, in Italia, viene comunicata la scienza al pubblico degli adulti. Oltre a essere una misura delle opinioni degli italiani sulle biotecnologie, la ricerca di Poster è fatalmente anche un test sul tipo di informazione che è stato dato in materia. A rilevarlo, durante la conferenza stampa di presentazione dell’indagine, è stato Piero Angela, al quale non si può certamente imputare uno scarso impegno nella divulgazione. E l’esito del test è negativo: boccia un terzo dei cittadini italiani.
DI CLAUDIA Di GIORGIO
Transgenico: precauzioni che minacciano la libertà
Il Sole 24 Ore, 5 novembre 2000
Dal sondaggio su «Biotecnologie e opinione pubblica in Italia», condotto dall’istituto di ricerca Poster e coordinato da Federico Neresini, Massimiano Bucchi e Giuseppe Pellegrini, presentato qualche giorno fa a Roma, risulta che 2 italiani su 3 considerano rischiose e inutili le biotecnologie agroalimentari, ma sono due terzi anche coloro che non sanno di cosa si tratta. Per esempio credono che i pomo-dori naturali non contengano geni, mentre quelli trangenici sì. Quello che effettivamente colpisce è proprio la sicurezza con cui l’opinione pubblica si dichiara contro le agrobiotecnologie, a fronte di un’incomprensione del problema. Ovviamente, tre quarti degli italiani ritengono che si debbano utilizzare solo metodi tradizionali di coltivazione e allevamento. Si tratta di posizioni rispettabili, ma forse sarebbe opportuno che l’informazione e la ricerca facessero meglio luce sull’argomento. Soprattutto, le preferenze e le precauzioni dei consumatori non andrebbero confuse con certi atteggiamenti di avversione verso la ricerca in quanto tale, come denunciato nell’appello, sottoscritto da alcuni dei maggiori scienziati italiani.Transgenico: precauzioni che minacciano la libertà
Clonazione ok per un italiano su due
Libero, 1 novembre 2000
ROMA – Un bambino concepito in provetta: è la prima cosa che viene in mente agli italiani se chiedete loro cosa pensano delle biotecnologie. Subito dopo seguono pecore clonate e pomodori che non marciscono. Questo almeno secondo i risultati del sondaggio “Biotecnologie e opinione pubblica in Italia”, primo del genere realizzato interamente nel nostro paese dall’istituto di ricerca vicentino Poster Srl e presentato ieri a Roma nel corso di una conferenza stampa.
Durante l’incontro sono stati resi noti anche i risultati di un’indagine della Commissione europea, in fase di pubblicazione, anticipati dalla ricercatrice dell’Università di Siena Agnes Allansdottir. Da questo studio, battezzato Eurobarometro, è emerso che un italiano su due e favorevole alla clonazione. Mentre gli altri europei si dimostrano sempre più scettici nei confronti dell’utilizzo in campo medico delle biotecnologie, i nostri connazionali si dichiarano favorevoli, con una percentuale del 55%, alla clonazione di tessuti umani per scopi terapeutici.
L’indagine statistica della Poster Srl, svoltasi su un campione di più di mille persone scelte in base all’età e alla regione di appartenenza, aveva lo scopo di verificare quali paure e attese nutrono i cittadini riguardo alle applicazioni dell’ingegneria genetica nonché lo stato di conoscenza sull’argomento. II quadro emerso è composito e non mancano sorprese. Sembra che le ansie maggiori degli intervistati riguardino il cibo. Quasi la totalità richiede infatti che vengano poste delle etichette sugli alimenti geneticamente modificali e circa due terzi considera mollo rischioso manipolare frutta e verdura. Le opinioni si fanno in genere più benevole quando si passa alla ricerca medica e diagnostica. In questi settori le biotecnologie godono di un favore diffuso. I test genetici per scoprire malattie ereditarie sono ad esempio considerati molto utili. Altre idee su animali giganti o strane trasformazioni confermano il dato di una diffusa ignoranza delle basi scientifiche in materia. Nonostante ciò i ricercatori italiani sostengono che i giudizi dell’opinione pubblica sulle biotecnologie non sono necessariamente effetto della disinformazione. La varietà delle risposte è un segnale che c’è comunque attenzione alla complessità della questione. Per avere un’ interpretazione esauriente delle risposte bisogna considerare, sempre a detta degli studiosi, anche alcune componenti culturali e più in generale un clima di sfiducia nei confronti della scienza. Che il tema sia di attualità è comunque testimoniato dall’interesse ad esso dedicato dai media che sono il maggiore veicolo di conoscenza dell’argomento. Per quanto riguarda la fiducia nelle fonti è significativo il dato sui partiti e sulle istituzioni pubbliche che vengono considerati attendibili rispettivamente solo dall’1.4% e dall’ l,8% degli intervistati. Il credito maggiore è invece affidato alle organizzazioni dei consumatori.
di Nico Pitrelli
“biotech, vicenza vuole sapere” Il Gazzettino di Vicenza, 31/10/00
“Biotecnologie, molti timori, poca informazione” Sir, n.74 1/11/00
“Sul biotech” , La Repubblica, 31/10/00