Nuovo appuntamento con l’Osservatorio Scienza e Società, un’iniziativa di Observa – Science in Society in collaborazione con Tuttoscienzetecnologia, Superquark e Quark
La maggioranza degli Italiani resta scettica sull’ energia nucleare, ma aumentano i favorevoli. Largamente condivisa, anche tra i contrari al nucleare, la percezione di una situazione preoccupante sul piano energetico e della necessità di nuove strategie per il futuro.
Nelle ultime settimane, in seguito alle dichiarazioni di alcuni esponenti politici e a notizie come quella dell’accordo di collaborazione tra Enel ed Edf per la costruzione di un nuovo tipo di reattore in Francia, il tema dell’energia nucleare è tornato al centro del dibattito pubblico. Più in generale, ormai da qualche anno, le scelte e gli investimenti sul piano energetico, la crescita dei fabbisogni di energia su scala mondiale e dei prezzi dei combustibili sono divenute questioni di grande rilievo per l’opinione pubblica. Conoscere gli orientamenti dei cittadini su tali argomenti diventa ancora più importante in quanto è stato attraverso una consultazione diretta degli elettori – il referendum del 1987 – che il nostro Paese ha definito la propria posizione sul tema dell’energia nucleare.
A quasi vent’anni da quella decisione, oltre quattro Italiani su dieci restano contrari ad investimenti nazionali sull’energia nucleare. Più di uno su tre, tuttavia, ritiene attualmente che l’Italia dovrebbe puntare sul nucleare, mentre uno su cinque non esprime alcun giudizio. Il dato può assumere ulteriore rilievo se messo a confronto non tanto con l’esito del referendum, quanto con una rilevazione condotta da Observa – Science in Society sullo stesso tema nel 2003: i favorevoli agli investimenti in energia nucleare sono infatti aumentati dal 22% al 35%, mentre i contrari sono diminuiti dal 56% al 43%. Stabile la quota di quanti non si sbilanciano.
I favorevoli sono più numerosi tra i maschi (tra le donne è maggiore la quota di incerti), nelle fasce di età più elevate (tra i giovani oltre uno su due è contrario) e tra i laureati – anche in questo caso per effetto della riduzione degli incerti, giacché praticamente immutata è la percentuale di contrari anche tra chi ha un titolo di studio più elevato.
Al di là della constatazione degli orientamenti generali, vale la pena di approfondire quali siano le motivazioni che portano i cittadini ad esprimersi pro o contro gli investimenti sul nucleare.
Chi ritiene che il nucleare rappresenti attualmente un investimento strategico per l’Italia indica come motivazioni della propria opinione soprattutto la necessità di non dipendere eccessivamente dai paesi produttori di petrolio (38%), poi l’insufficienza delle attuali fonti energetiche (26%) e il fatto che altri paesi industrializzati abbiano centrali nucleari (21%). Meno rilevante agli intervistati appare il fatto che anche le forme di produzione di energia più tradizionali comportino delle conseguenze per l’inquinamento (12%).
Quasi uno su due, tra i contrari a riprendere in considerazione la scelta del nucleare, ritiene che sia meglio puntare sulla produzione di energia da fonti alternative (45%). Una quota quasi equivalente di contrari si riconosce in motivazioni riconducibili nel loro insieme al tema della sicurezza: la pericolosità dei processi di smaltimento delle scorie (18%), il fatto che nessun comune sarebbe disposto ad ospitare una centrale (17%), l’intrinseca rischiosità degli impianti nucleari (15%). Da notare come sia invece residuale la quota di quanti respingono l’opzione nucleare negando che vi sia per l’Italia un problema di approvvigionamento energetico (4%).
Tra gli incerti, la stragrande maggioranza (71%) ritiene di non avere la competenza per decidere; il 26% pensa, invece, che nel complesso i pro e i contro del nucleare si equivalgano.
Anche in questo caso la comparazione con la precedente rilevazione offre interessanti spunti di riflessione.
In un quadro che assai plausibilmente risente dei nuovi scenari internazionali e dei ripetuti aumenti dei prezzi dei carburanti, l’eccessiva dipendenza dai paesi petroliferi è passata dal secondo al primo posto come motivazione dei favorevoli al nucleare (dal 22% al 38%); nel complesso stabile è la quota di quanti temono l’insufficienza delle attuali fonti energetiche e di quanti fanno riferimento all’esempio di altri paesi che utilizzano già il nucleare. Tra le motivazioni dei contrari, quella che negli ultimi due anni aumenta più significativamente il proprio peso è la prevedibile opposizione dei residenti nell’area prescelta (dal 5% al 17%). Un aspetto a cui forse non è estranea la serie di mobilitazioni e conflitti sulla tecnologia (da Scanzano Jonico alla Tav) che ha caratterizzato il nostro Paese negli ultimi tempi. Appare essersi ridotta, invece, la sensibilità al problema dello smaltimento delle scorie (dal 30% al 18%). Sostanzialmente stabile la preoccupazione per la sicurezza degli impianti nucleari e l’opportunità di investire su fonti energetiche alternative, così come non mutano le motivazioni degli incerti.
Nel complesso, dunque, se la maggioranza degli Italiani resta scettica, non è trascurabile l’aumento del numero di cittadini che sono favorevoli ad investire sull’energia nucleare. Inoltre, anche tra i contrari al nucleare appare ormai largamente condivisa la percezione di un grave problema di approvvigionamento energetico e della necessità di nuove strategie per affrontarlo.
L’articolo è stato pubblicato il 14 dicembre 2005 sull’inserto Tuttoscienzetecnologia del quotidiano La Stampa.
La rilevazione è stata condotta tramite interviste telefoniche con metodo CATI su un campione di 1029 casi, stratificato per genere, età e ripartizione geografica, rappresentativo della popolazione italiana con età uguale o superiore ai 15 anni. Maggiori dettagli nelle note metodologiche (in pdf)
Maggiori dettagli nelle note metodologiche (in pdf)
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